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“Eppure io l’amavo”, di Cristina Puccinelli

Cristina Puccinelli è in gara con “Eppure io l’amavo!”, in lizza per la conquista della statuetta nella sezione cortometraggi. Conosciamo meglio la giovane regista e attrice, originaria di Lucca, in quest’intervista.

Finora dove ha trovato i protagonisti per le sue storie?

Alcuni li ho trovati osservando la realtà e fantasticandoci sopra. Altri vengono da me, da certi miei atteggiamenti, o da persone a me vicine, dalle quali ho preso spunti e accentuato comportamenti.

È capitato che abbia cambiato idea su come procedere in fase di scrittura della sceneggiatura?

Certo, spesso, le idee si trasformano, continuamente. Fa parte della ricerca, del viaggio. Una delle cose più difficili è proprio non affezionarsi a un’idea, saper lasciare andare cose che ci piacevano e sembravano buone per fare entrare qualcosa che può essere più giusto e specifico per la storia. Può anche succedere di cambiare completamente direzione.

Quale corto di sua realizzazione offrirebbe come biglietto da visita ad un produttore cinematografico?

Mah, l’ultimo, che è in concorso ai David, è il più ricco da un punto di vista produttivo, è quello che si può fruire in maniera più semplice, essendo una storia lineare, sui toni della commedia. Sicuramente un produttore, vedendolo, può intuire se si può investire sulla persona. Il primo è quello a cui sono più affezionata e che mi ha dato più soddisfazioni ai festival, essendo più un corto da festival: piano sequenza di sette minuti e cinquanta, sociale, con finale aperto.

Quale fase lavorativa la impegna maggiormente?

La scrittura. Credo sia la parte più difficile. Senza scrittura non si parte, è il sostegno necessario per trovare la forza di credere e andare avanti nel progetto. Richiede molta concentrazione ed è difficile trovare giuste collaborazioni.

Che rapporto hanno le generazioni digitali con il cortometraggio?

Non so. Forse ne vedono di più, visto che se ne trovano su internet. Oggi vengono usati anche da aziende per fare pubblicità, ci sono vari concorsi online per corti. Il linguaggio del corto può essere utile al web. Il breve racconto funziona sulla piattaforma digitale.

La selezione del casting come avviene?

Dipende da lavoro a lavoro. A me piace trovare i personaggi che immagino in scrittura. Vedo attori, cerco le foto, li incontro. Per quest’ultimo lavoro ho fatto casting in Toscana, perché volevo tutti attori di lì, ho anche scovato attori bravissimi che non erano attori veri, ma lo potrebbero essere. Ho selezionato persone anziane, bambini, è una parte del lavoro che mi piace molto, probabilmente perché sono, prima ancora che regista, attrice, so cosa significa doversi presentare.

Il corto è ancora lo strumento di promozione per un regista emergente?

Credo sia uno dei pochi modi che un regista ha per mettersi alla prova e sperimentare. Dirigere è un lavoro che si fa solo quando si ha un set da gestire, quindi poche volte. Prima si possono solo teorizzare formule, ma quando ci si trova a organizzare il tempo, le emozioni, i caratteri delle persone, doversi far capire e dare fiducia, c’è solo il lavoro sul campo che ti può allenare. Oggi anche le web serie possono essere una palestra.

È possibile, spinti dalla sola passione, realizzare un corto di successo?

Credo proprio di sì. Io il primo, e non solo, l’ho autoprodotto, ho trovato persone che mi hanno seguita, per fortuna, e comunque ho avuto soddisfazioni. Certo bisogna anche essere coscienti che non si può girare un film hollywoodiano, occorre avere un’idea semplice da realizzare, dove i mezzi non sono il punto di forza.

Quanto denaro è necessario per la realizzazione di un cortometraggio?

Se si crea una troupe professionale e si pagano tutti i lavoratori, come sarebbe bello e giusto fare, servono almeno sui quarantamila euro. Conosco molti registi che ne hanno speso centomila, se si aggiungono effetti speciali o si gira in costume. Altri hanno fatto con quello che avevano. Dipende dalla professionalità che uno ha e dai collaboratori disponibili. Tutti possono girare oggi, bisogna vedere come e soprattutto cosa si racconta.

Le agenzie ed i festival nazionali che ruolo hanno oggi?

Non so rispondere in modo giusto probabilmente. Possono essere ovviamente importanti perché fano da tramite. Se uno ha la fortuna di aver un agente che crede in lui è una bella forza. Lo stesso vale per un festival, se un festival crede in te è sicuramente buono. Dipende dal festival. Oggi siamo tantissimi registi, festival ed agenti, ed è tutto un po’ complicato.